Ci siamo conosciuti l’anno scorso in occasione del Salone Satellite (dove esponevamo entrambi) ed ho sentito subito una certa affinità nel modo di fare, nella professionalità, e nel suo stile. In questo lavoro le relazioni sono fondamentali, ed è sempre bello trovare delle persone con cui senti realmente di condividere gli stessi intenti e le medesime aspirazioni. Peccato i 700 Km di distanza!
Ma cominciamo con una domanda a bruciapelo!
Giorgio, ti definisci un “giovane designer”?
La definizione di “giovane designer” mi sfugge. Le riviste paiono intendere “giovane” un designer sotto i 40 anni, il che è quantomeno bizzarro. Ma per me, designers come Grcic (per citare uno dei miei preferiti), saranno giovani anche a 70 anni, perchè ancora conservano uno spirito radicale che è proprio dello slancio giovanile.
Ci sono, parimenti, designers ventenni che non hanno nessuna idea, si siedono di fronte ad un foglio vuoto e cercano di riempirlo il più presto possibile. A questi la definizione si adatta solo per motivi anagrafici.
Suggerisco di sostituire la definizione “giovane” con “audace”. Sicuramente saremmo tutti molto più maturi ed obiettivi quando ne parliamo, se non altro perchè saremmo costretti ad approfondire un progetto e non ci fermeremmo al lato puramente matematico della nascita del suo autore.
Offset è stato il risultato di una ricerca sull’utilizzo delmultistrato curvato in modo alternativo. E’ uno dei progetti che misoddisfano di più perchè tutto è venuto da sè, una volta progettatol’assemblaggio del sedile.
Questo lo rende un progetto organico, in cui ogni parte è coerente, caratteristica che vorrei avessero tutti i miei progetti.
Witchcraft è un progetto facente parte di uno studio sulla possibile applicazione della saggina in un ambito inusuale.
Hoavuto il piacere di cooscere uno degli ultimi artigiani veneti aprodurre scope in saggina e ho scoperrto un modno antico, fatto ditradizione e di nonne intorno a un fuoco, che la sera legano sagginaper passare il tempo.
Il materiale mi ha ensusiasmato, haproprietà meccaniche e fisiche eccellenti, e ho deciso di rendereomaggio alla tradizione con una sedia dal sapore volutamente”campagnolo”.
Coprifuoco è semplicemente nato da una riflessione dei miei comportamenti in cucina. I fornelli del gas cono praticamente sempreprodotti in Inox, e la cosa mi fa pensare che abbiano progettato perloro una vita pulita, cosa che si scontra decisamente con quello chevedo in casa mia quando ho finito di cucinare!Ecco perchèho iniziato a ragionare sulla possibilità di proteggere il ripiano conun oggetto, che potesse essere rimosso e facilmente eliminato oripulito. Ho preferito la seconda opzione perchè la ritengo la piùrispettosa dell’ambiente.
Coprifuoco, design Giorgio Biscaro
Cosa ne pensi dell’autoproduzione?
Credo sia educativa ma a volta ingiustificata.
E’ educativa perchè mette i designers di fronte alle necessità produttive, cosa assolutamente non scontata.
Molto spesso un progetto viene abbandonato dalle aziende stesse solo perchè fuori di pochi euro rispetto al prezzo di produzione prefissato. Diventa quindi importantissimo ragionare su una certa scala, motivo che porta l’autoproduzione ad essere giustificata o meno.
Secondo me l’autoproduzione diventa ingiustificata quando genera costi di produzione, e quindi di vendita, irragionevoli. Inoltre, l’impossibilità di poter ricorrere a determinate tecnologie per motivi finanziari, penalizza il processo creativo e obbliga a declinare un progetto verso una direzione peggiorativa o non coerente.
Perchè scegliere di essere un designer, nonostante le difficoltà?
Essere designer significa farsi carico di un’esigenza pratica ed etica. Non è una professione ma un comportamento che, una volta intrapreso, è difficile abbandonare.
Ecco perchè, una volta che si inizia a porsi la giusta domanda, è proprio difficile smettere!
Non credo a chi dice “hanno già inventato tutto”. Siamo in un’epoca di grandi e veloci cambiamenti, e tutto trova traduzione in nuove necessità che hanno bisogno di nuove IDEE per essere soddisfatte. Non parlo solo di idee pratiche, di tipologie nuove.
Anche un’innovazione produttiva ha un valore, soprattutto di questi tempi, in cui finalmente abbiamo capito che le nostre risorse non sono illimitate. E questo per me è uno stimolo enorme, qualsiasi siano le difficoltà.
Un consiglio che senti di dare ai designers più “audaci”?
Un consiglio che do a me stesso e a tutti è di abbandonare ogni forma di nazionalismo: il mondo dei design oggi è ancora italiano, grazie alle realtà industriali sorte nel Bel Paese, ma il centro culturale ha spostato il proprio baricentro.
Non è certamente un motivo di autocompatimento quanto una direzione da seguire.
E non stancarsi di provare (o, peggio, intestardirsi) dopo un fallimento: molto spesso un progetto che consideriamo positivo è in realtà pieno di errori.
E’ normale e comprensibile, ma lo si può capire solo con frequente autoanalisi (non pessimismo), il che può portare a scartare buona parte del lavoro.
Ma se il progetto nasce da una buona IDEA, e questa è sviluppata in modo intelligente e coerente, è difficile che venga scartato. In tutti i casi consiglio di accettare con grande umiltà il rifiuto dell’azienda e lavorare con pervicacia sui probabili motivi di fallimento, in modo da affinarsi e produrre progetti sempre più completi.
Farò tesoro dei tuoi consigli e resto in attesa dell’occasione di collaborare insieme!
Grazie dell’intervista Giorgio e in bocca al lupo!
Info su: www.giorgiobiscaro.com