Nel 1949 (non ricordo a che ora) mi trovai tra le mani un menabò. Il menabò è un libro senza stampa senza testo senza illustrazioni, solo fatto di pagine bianche. Ogni editore fa fare dal legatore (che è quello che lega i fogli) un libro di questo tipo per vedere che aspetto avrà il libro in sé.
L’editore lo guarda, lo soppesa in mano, prova a sfogliarlo e discute col grafico (è uno dei miei tanti lavori) sul formato, sul tipo di carta sulla copertina se deve essere rigida oppure no, e, assieme al grafico si decide il formato, il tipo di carta, di copertina, il carattere tipografico da usare, la sopracopertina, la eventuale fascetta eccetera.
Questo menabò è il libro come oggetto e di solito dentro questo oggetto, in quasi tutte le pagine è stampato poi il testo e tutto quello che occorre per comunicare al lettore qualcosa di interessante in ogni campo.
Ma osservando questo menabò senza testo, si scoprono varie cose: il libro è un oggetto che delimita un blocco di spazio. Per attraversare questo spazio occorre sfogliare le pagine dalla prima che sta dietro la copertina fino all’ultima. Ci si mette un certo tempo ed è come una passeggiata nella neve. Per entrare in questo spazio bisogna aprire la copertina, che è come una porta che permette l’attraversamento del libro.
Questa osservazione fa nascere altre idee: dato che la copertina è come una porta, cosa succede se faccio un buco rotondo come un oblò? Intanto che guardo la copertina vedo anche qualcosa che sta nella pagina. Che cosa?
E poi le pagine possono essere di carte diverse, a colori diversi, di misure diverse, tagliate a metà in modo che si possa sfogliare metà pagina alla volta. Cosa succede? Si può anche far passare un filo attraverso le pagine? Eccetera.
Un libro così fatto, senza testo, è un libro che comunica per forme e colori, per sequenze, per materie (alcune pagine semitrasparenti possono dare l’idea della nebbia, oppure pagine lisce e pagine ruvide, oppure molli e rigide…). È un libro di comunicazione plurisensoriale, oltre che visiva.
Fu così che nacquero i libri illeggibili così definiti perché non c’è niente da leggere ma molto da conoscere attraverso i sensi.
È come una passeggiata in uno spazio silenzioso con tanti richiami ai vari recettori sensoriali.
Nel 1950 provai a progettare alcuni di questi libri illeggibili e li esposi in una piccola libreria specializzata in libri d’arte. Ebbi un grande successo nell’indifferenza generale. Un editore olandese ne stampò uno bianco e rosso con le pagine tagliate in vari modi, mille esemplari oggi introvabili. Altre piccole edizioni vennero fatte in Giappone e al Museo d’arte Moderna di New York.
Nasceva così un altro modo di comunicare con i libri. Una volta i libri erano scritti, qualche volta illustrati con figure e ambienti, adesso sono fatti in modo plurisensoriale con anche stimoli tattili, materici, termici eccetera.
I bambini sono nella condizione plurisensoriale e tutto ciò che riguarda i vari sensi li interessa. Facendo conoscere ai bambini in quanti modi si possono mettere assieme dei fogli per fare un libro e come si può operare dentro il libro, sopra e attraverso le pagine col disegno, col colore, con il collage e, perché no, anche con le parole; ogni bambino può fare il suo libro e sarà un libro che comunica lo stato d’animo e la personalità del bambino, anche se non sa spiegare a parole perché lo ha fatto.
C’è qualcuno che sa spiegare a parole, un brano musicale?Bruno Munari 1993
Link: http://www.munart.org/
http://www.corraini.it/scheda_libro.php?id=35