Questo articolo è parte di una esperienza, prima di andare avanti leggi
Si dice che “le vie del Signore sono infinite”, ma cosa significa questa frase?
Escludendo i significati religiosi mi vengono in mente due alternative:
1° Le cose che accadono apparentemente senza un motivo troveranno la loro spiegazione solo con il tempo
2° In un modo o nell’altro (per una via o per un’altra) si raggiunge lo scopo che si è prefissi
Se è la seconda allora basterebbe conoscere la “via” giusta da imboccare.
E a me tutta questa storia sembra un labirinto. Seguo il primo percorso e mi trovo di fronte un muro. Riparto dall’inizio e quando mi sembra di aver indovinato strada, svolto l’angolo e trovo una siepe come ostacolo.
Mi piacerebbe poter guardare questo labirinto dall’alto e capire il percorso giusto ma forse, una volta dentro e cambiato il punto di vista (la prospettiva) mi si confonderebbero di nuovo le idee.
La mia penna in legno è ancora lì, in una scatola sulla scrivania o, se preferite, in bella mostra sui vari social network. Eppure il raggiungimento del mio obiettivo (una produzione in serie) mi sembra ancora così lontano…
Forse perché il messaggio lasciato sui social ha avuto il tempo di una scrollata di mouse, ha raggiunto persone non interessate oppure si è perso tra le varie notizie #ilmiostatusèimportante.
Credo che dovrei trovare il modo di presentarla alle persone “giuste” (imprenditori, commerciali, ecc.) e presentarla bene.
E’ il momento di partecipare ad una mostra.
Non tutte le mostre sono uguali. C’è quella specifica (outdoor, illuminazione, autoproduzioni, ecc.), quella che assomiglia più ad una galleria d’arte, quella gratis, quella che ti viene un salasso, quella dalla location più figa, quella dove passa tutto il mondo, quella all’estero, quella che partecipi solo se sei selezionato, quella che dura un mese, quella che dura il tempo di un buffet.
Prima di scegliere bisogna prendere in considerazione diversi fattori, tra cui la quota di partecipazione.
Prendiamo ad esempio il Satellite: per uno stand 4x4mq bisogna versare la somma di 2.500 euro + IVA.
Ma il Salone è il Salone, sai che dal tuo stand passeranno migliaia di persone tra cui giornalisti 15%, designers 25%, studenti 30%, aziende 10%, curiosi 20%.
In alternativa potrei scegliere il Fuori Salone (pare che le percentuali siano diverse ed i costi anche) oppure cambiare tipo di Design Week e preferire una mostra all’estero, magari a Londra, Berlino, Valencia, Copenaghen.
Anche nelle province italiane si organizzano mostre di tutto rispetto ma in quel caso bisogna tener conto che le percentuali di pubblico saranno ancora diverse.
Foto via blog.isaloni.it
Insomma è una questione di investimenti, di possibilità e di probabilità. Ed è una questione di soldi.
Perché a parte la quota di iscrizione bisogna provvedere a:
– Materiale promozionale (depliant, manifesti, biglietti da visita, CD con cartella stampa, gadget, ecc.)
– Trasporto delle persona e della merce
– Materiale per allestire (faretti, arredo, ecc.)
– Vitto e alloggio per la durata della mostra
Senza tenere in considerazione il costo dei prototipi, in quanto quello della mia penna in legno, fortunatamente, mi è costato poco ma immaginate se tutto questo lo stessi facendo per una sedia ed aggiungete i relativi costi.
Finalmente sono pronta, scelgo la mostra che mi offre maggiore visibilità, opportunità professionali e contatti e mi preparo psicologicamente: sarà una settimana intensa, una delle esperienze più belle della mia vita.
Il primo giorno è dedicato all’allestimento: arrivo, faccio amicizia con i designers degli stand vicini, mi accorgo di aver dimenticato qualcosa (accidenti) ma mi arrangio come posso e sono carica di aspettative.
Poi la mostra “parte” e mi sembra di salire su una giostra. Meno male che c’è un amico (fidanzato) ad aiutarmi perché in certi momenti l’affluenza è davvero alta ed è difficile tenere tutto sotto controllo.
Sono proprio le persone la parte più bella di tutta questa esperienza. Ti sommergono con una infinità di domande. Sono curiose, voglio sapere tu chi sei, il tuo background, le tue ispirazioni. E vogliono conoscere i progetti che esponi, analizzarne i particolari, cercarne i difetti e suggerirti come migliorarli.
E’ un momento di confronto molto interessante: designers, studenti curiosissimi, giornalisti, gente stilosa, imprenditori impettiti. A tutti lascio un biglietto e loro mi lasciano qualcosa di se.
Parlo tutto il giorno del design e del suo futuro, rilascio “interviste” ai blogger, abbraccio amici passati a dirmi <<Brava, io credo in te!>>
Stiamo in piedi per ore ed ore, mangiamo male, parliamo in inglese, arranchiamo in francese e capiamo di doverci prendere una pausa quanto cominciamo a pensare multilingue.
E come non menzionare certi “personaggi”? Ad esempio arriva un orientale che si atteggia da imprenditore insieme con una interprete. Mi fa una video intervista, chiedendomi tutti i particolari della mia penna: concetto, funzionamento, tecnologia. Quindi passa a riprenderla da tutte le angolazioni, la smonta anche… Devo preoccuparmi? (In seguito scopro che il biglietto da visita che mi ha lasciato ha informazioni false :|)
Finalmente arriva la sera, la mostra chiude i battenti e mentre tutti sono ai “design party” noi siamo distrutti e in metropolitana gli unici pensieri sono “togliere le scarpe” e cibo.
E questo per una settimana di seguito.
L’ultimo giorno ha un più lieto fine: smontare ed impacchettare tutto per il ritorno.
Il giorno della partenza è anche quello della speranza. Faccio un piccolo bilancio: ho distribuito migliaia di depliant, decine di cd e ricevuto tantissimi complimenti.
Ma più importante di tutto: sono passati alcuni imprenditori di aziende del settore delle penne e sono rimasti affascinati dal mio progetto: abbiamo discusso dei margini di una collaborazione e ci siamo lasciati con un “ci risentiamo dopo la mostra per discutere dei dettagli”.
Sono felice.
Non ho perso tempo.
Sono felice.
Nei prossimi post: