Ecco un libro divertente per riflettere insieme a Renato de Fusco su miti e mitologie del design.
“Scritti critici e polemici” è il sottotitolo ma anche una premessa. In un mondo di Like button mi sembra abbastanza interessante, non trovate?
Qualità, quantità e giusto prezzo è il metro di misura con il quale confronta tutti i prodotti della storia del design, anche se negli ultimi decenni si è aggiunta la consapevolezza che non è facile classificare oggetti, servizi, designers.
Volendo indagare l’origine della crisi del design è avvenuta probabilmente quando le aziende hanno cominciato a focalizzarsi sul gusto dei consumatori, poi diventata necessità di accontentare quella fascia di pubblico che verrà definita (o si autodefinirà) elitaria.
Perchè puntare su una laboriosa quantificazione dei prodotti, con tutti i rischi dell’imprendorialità, con tutte le difficoltà proprie dell’attività industriale, quando per ricavare gli stessi utili basta servire una clientela di pochi, per giunta gratificati di esserli, di sentirsi anticonformisti e culturalmente aggiornati?
Putroppo in breve tempo quell’elite su cui si voleva far colpo ha sostituito la cultura con la moda, intesa come decorazione o contenuto effimero.
Un esempio: i prodotti high-tech hanno l’occasione di avere una qualità formale nuova, bastante a se stessa, ma non ne approfittano abbastanza. Pare che per ogni moderno cellulare esistano i più diversi gadget decorativi e che questi ne costituiscano un plus.
Certo non è una novità che la maggiore esigenza che abbiamo di comunicare agli altri chi siamo e come siamo passa attraverso gli oggetti. Ai designer che vogliono risponderne si aggiunge una nuova responsabilità.
Tuttavia la storia passa per molti altri errori e ci insegna che altri fenomeni (definiti furbi da alcuni e osceni da altri) sono stati creati per mettere in evidenza più il designer che il disegnato. Il risultato è che le aziende fanno a cazzotti per avere il fenomeno tra loro e gli studenti trasformano le loro ambizioni e i loro punti di riferimento.
Eppure il sovversivo Sottsass disse:
Quando disegno non cerco di salvare il mondo, cerco di salvare me stesso. Faccio il mio disegnino, lo metto sul tavolo e poi quello che succede, succede. Non sono un rivoluzionario ne un missionario.
Ora quello che De Fusco ed io non capiamo è la corsa al nuovo a tutti i costi. Ok l’usa e getta, se risolve le esigenze di igiene, ma i prodotti moderni sono fatti per essere sostituiti in breve tempo. Se si rompe il tostapane (e si rompe in breve tempo) non conviene ripararlo, conviene comprarne uno nuovo*. Però in questo modo non conserveremo più nulla della nostra storia, nessun oggetto vintage da “raccontare” ai propri figli.
Il prodotto etichettato come “sostenibile” dovrebbe puntare a questo contenuto e non somigliare più ad un “mobile torrone” [cit.], ovvero improbabile composto pseudo-artistico di oggetti sottratti alla spazzatura.
Ma non ci sono schiaffi per tutti, state tranquilli! Ad esempio De Fusco salva, tra gli altri, Ulian e non è difficile capire il perchè.
* Piccola parentesi divertente sulla signora Rinascente!
Le citazioni sono prese dal libro, il link per acquistarlo è http://www.allemandi.com/dett_libri.php?id=466